Atti dell’Agenzia Entrate via PEC: finalmente annullati, non puoi essere perseguitato dal Fisco

Una svolta epocale per i contribuenti: se il Fisco sbaglia indirizzo di posta elettronica, il portafoglio è al sicuro….

Contribuente-Fisco, uno a zero. In uno scenario dove le cartelle esattoriali sembrano piombare addosso come fulmini a ciel sereno, arriva una sentenza che promette di cambiare le regole del gioco. I giudici tributari di Roma, con la decisione n. 1828 depositata lo scorso 20 marzo, hanno annullato un atto notificato via PEC in quanto proveniente da un indirizzo sconosciuto, non iscritto nei registri ufficiali. Una vittoria che sa di giustizia e che riaccende la speranza per milioni di contribuenti.

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Atti dell’Agenzia Entrate via PEC: finalmente annullati, non puoi essere perseguitato dal Fisco. (Grupposenatoforzaitalia.it)

Il caso, sollevato da un cittadino che ha deciso di opporsi a un trattamento ritenuto iniquo, dimostra quanto sia importante pretendere il rispetto delle regole da parte dell’Agenzia delle Entrate Riscossione. In questo episodio, la cartella esattoriale era stata inviata tramite una PEC non reperibile nei registri pubblici come INI-PEC o Reginde: tanto è bastato a rendere l’atto semplicemente “inesistente” agli occhi della legge.

Quando la PEC sbagliata “salva” il contribuente

Si tratta di una sentenza che naturalennte non è passata inosservata e che si aggiunge a precedenti altrettanto eclatanti. Ricordiamo, ad esempio, il caso di una società salentina a cui era stato notificato un pignoramento da oltre 800.000 euro: anche lì, la giustizia ha fatto il suo corso, sospendendo tutto per via della mancata correttezza formale dell’invio. E no, non si tratta di cavilli da azzeccagarbugli: la legge parla chiaro, e i giudici – questa volta – l’hanno ascoltata.

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Quando la PEC sbagliata “salva” il contribuente. (Grupposenatoforzaitalia.it)

Il punto centrale della vicenda sta nel principio della certezza giuridica: ogni atto della Pubblica Amministrazione deve essere tracciabile, verificabile, trasparente. Usare caselle PEC non registrate mina questo principio, e apre scenari pericolosi, tra cui anche la possibilità di ricevere comunicazioni da indirizzi contraffatti o infettati da malware. In altre parole, non è solo una questione formale, ma una vera e propria tutela della sicurezza digitale e dei diritti del cittadino.

Antonio Sorrento, Presidente di Partite Iva Nazionali, sottolinea con forza l’importanza di questa pronuncia: “Chiedere che il Fisco rispetti le regole non è una pretesa, ma un diritto. Se sbagliamo noi, paghiamo. Se sbaglia lo Stato, invece, troppo spesso si chiude un occhio. È ora di finirla”. Questa sentenza potrebbe segnare un punto di svolta. Sempre più contribuenti iniziano a opporsi e, come dimostra il caso romano, chi ha ragione può far valere i propri diritti. Morale: informarsi, vigilare e – se e quando necessario – far valere la legge.

 

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