Oggi il datore di lavoro può licenziarti anche solo per un rifiuto: la sentenza della Cassazione spaventa tutti

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha stabilito che un dipendente può essere licenziato anche solo per aver rifiutato di svolgere mansioni inferiori, se la proposta del datore di lavoro è giustificata da esigenze aziendali.

Nel caso esaminato, una lavoratrice si è opposta al trasferimento a compiti meno qualificati, ma la Corte ha ritenuto quel no sufficiente a rendere legittimo il licenziamento. Si tratta di un cambiamento interpretativo che spaventa molti: non si parla più solo di insubordinazione o gravi inadempienze, ma anche del rifiuto di adattarsi a nuove condizioni operative imposte dall’impresa.

dipendete licenziata dal suo posto di lavoro con tra le mani uno scatolone per trasportare le sue cose
Oggi il datore di lavoro può licenziarti anche solo per un rifiuto: la sentenza della Cassazione spaventa tutti – Grupposenatoforzaitalia.it

La decisione ha scosso il dibattito giuslavoristico, perché tocca un equilibrio delicato: da un lato la tutela della dignità professionale, dall’altro la sopravvivenza economica delle aziende.

La sentenza della Cassazione e il precedente caso concreto

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha stabilito un principio che potrebbe cambiare radicalmente i rapporti tra azienda e dipendente: il rifiuto di svolgere mansioni inferiori, se proposte in modo legittimo, può giustificare il licenziamento. Il caso riguardava un’azienda alle prese con una riorganizzazione interna, che aveva proposto a una dipendente un incarico meno qualificato ma comunque compatibile con la sua categoria contrattuale.

La lavoratrice ha rifiutato, sostenendo che si trattava di un demansionamento lesivo. Tuttavia, la Corte ha ritenuto che la proposta fosse giustificata da esigenze reali e non temporanee, e che il rifiuto costituisse un ostacolo all’organizzazione aziendale tale da giustificare il recesso.

una foto del palazzo di giustizia a Roma
La sentenza della Cassazione e il precedente caso concreto – Grupposenatoforzaitalia.it

La decisione conferma un orientamento già visto in precedenza (come nella sentenza n. 24118/2018), secondo cui, in assenza di mansioni equivalenti disponibili, il datore può proporre incarichi inferiori, purché coerenti con il contratto. Se il lavoratore si oppone senza motivazioni valide e in mancanza di alternative, il licenziamento può risultare pienamente legittimo. Una svolta che lascia intravedere nuovi rischi, soprattutto nei contesti aziendali in crisi.

Norme, limiti e diritti del lavoratore oggi

La disciplina centrale che regola le modifiche delle mansioni è lo ius variandi, previsto dall’articolo 2103 del Codice Civile. Questo principio consente al datore di lavoro di cambiare le mansioni all’interno della stessa categoria legale, ma vieta un vero e proprio demansionamento, ossia l’assegnazione di compiti inferiori rispetto alla qualifica, salvo eccezioni come esigenze aziendali imprevedibili e non evitabili.

Se la proposta è proporzionata e conforme alla legge, il rifiuto del lavoratore può legittimare il licenziamento, in quanto espressione del potere direttivo del datore. Tuttavia, il rifiuto deve essere motivato, espresso in buona fede e accompagnato da un atteggiamento costruttivo.

Se manca la proporzionalità o se il lavoratore dimostra di aver cercato un dialogo con l’azienda, il rifiuto resta legittimo e il licenziamento può essere dichiarato illegittimo, con conseguente reintegro o risarcimento. Per aziende con più di 15 dipendenti, in caso di licenziamento illegittimo, si applicano le tutele reali, come la reintegrazione obbligatoria o un’indennità fino a 15 mensilità. Il giudice valuta quindi la correttezza dell’offerta e il comportamento complessivo delle parti coinvolte.

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